Il mestiere dell'artista. Dal Caravaggio al Baciccio (Sellerio) by Claudio Strinati

Il mestiere dell'artista. Dal Caravaggio al Baciccio (Sellerio) by Claudio Strinati

autore:Claudio Strinati [Strinati, Claudio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio Editore
pubblicato: 2020-05-22T16:00:00+00:00


XV

Il grande salone d’onore di Palazzo Barberini non è l’unico capolavoro che Pietro da Cortona ha lasciato all’umanità. A Roma ancora oggi è facile imbattersi nelle sue opere pittoriche e architettoniche. Egli fu, infatti, un artista poliedrico e come architetto non fu certo da meno che come pittore. Benché oggi venga ricordato più in veste di pittore, l’opera architettonica di Pietro da Cortona è ai vertici della grande architettura del Seicento italiano e non solo.

L’affresco immane sul soffitto di Palazzo Barberini è una immagine assai vivida proprio del concetto della gloria e del trionfo. Gloria celeste, ma comunque gloria intesa come consacrazione attraverso le immagini di qualcosa che sembrerebbe destinato a durare nel tempo. L’affresco vive di vita propria. È una gigantesca allegoria composta da un numero infinito di figure, inteso a significare, in sostanza, il trionfo di una grande personalità sul tempo stesso che la ospita. Tutti noi siamo dentro il tempo, perlomeno durante la nostra vita terrena, e la religione è quella istanza della mente umana che vorrebbe far capire come al di là del tempo esista un’altra dimensione. L’argomento del «tempo» è ripetutamente presente nelle riflessioni degli artisti dell’epoca.

Nel caso di Pietro da Cortona e della volta di Palazzo Barberini è certamente così. Sulla volta è dipinto un turbinio di immagini. Si vede il Sileno in un giardino meraviglioso; si vede Vulcano nella sua bottega, che forgia le armi richiamando alla nostra mente i celebrati poemi epici dell’antichità. Si vede Minerva che vola nell’aria e abbatte i Giganti che la contrastano; si vedono strane figure di animali fantastici. E poi, al centro della volta si vedono altre figure mitologiche, proprio quelle che vogliono significare il tempo: le Parche, che nella mitologia greca presiedono alla vita dell’uomo, Cronos, il tempo, che mangia i suoi figli, secondo un antichissimo mito. E finalmente, al centro si dovrebbe vedere Urbano VIII, il papa glorificato in questo affresco, mentre sale verso il cielo ed è coronato dalle virtù che egli possedette in dosi massicce. In realtà, ci troviamo di fronte a una sorta di piccola sorpresa visiva. A fronte dell’enorme profluvio di immagini bellissime che si possono scorgere e comprendere, per quanto si guardi verso il soffitto, il papa non si vede. Non c’è, non c’è da nessuna parte.

Quello che c’è è lo stemma della sua famiglia. La famiglia Barberini ha nello stemma le api, simbolo di operosità, di laboriosità. E in effetti, alzando gli occhi e osservando bene, si vedono raffigurate sulla volta delle api gigantesche che salgono verso l’alto e vogliono rappresentare la presenza simbolica del papa. Si distingue bene la tiara papale, naturalmente, ma non si vede il papa. E allora, improvvisamente, ci si accorge di qual è la verità di questo affresco e di questa idea dell’arte. L’immagine inventata da Pietro da Cortona è l’immagine di un mondo che non esiste e che quindi non può avere nessuna relazione con la realtà. Per Pietro da Cortona l’immagine della bellezza non è, dunque, compatibile con il riconoscimento di qualcosa o qualcuno.



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